Eccoci qui alla fine dell’anno e facciamo una breve selezione di album meritevoli di nota (a parer nostro)
Moderat – II: ero curioso di cosa sarebbe successo nella seconda puntata della fusione Apparat + Modeselektor (questa volta su Monkeytown Records a differenza del primo Moderat pubblicato su Bpitch control) ed è stata una curiosità appagata decisamente bene, e devo ammettere che i richiami a ritmiche drum n bass misto dubstep condite in questa salsa techno elettronica sincopata non mi dispiaciono affatto (stranomavero). Questa volta niente guest, per i vocal giocano in casa perchè sono tutti ad opera di Apparat. Se dovessi scegliere un brano la decisione cadrebbe su Milk, 10 minuti di traccia incalzante, anche se, a dire il vero l’atmosfera Let in the light è pazzesca, quindi le metto in ex aequo. #giamp
Disclosure – Settle: si, a costo di essere banale, ma mi hanno fatto notare che l’ultimo dei Daft Punk è entrato in classifica su Re$ident Advi$or 😉 Ma è innegabile che il duo di giovanotti emersi dalla scena britannica si siano guadagnati (per ora) un posto d’onore come conciliatori della sfera underground e mainstream. When the fire sarts to burn può tranquillamente essere considerato un dancefloor killer se la guardo dal punto di vista dell’uomo che nel club si posiziona dietro il mixer. L’essenza vera di questo album che unisce sonorità garage e house esplode con il singolo che ha proiettato i due guys verso la conquista di premi discografici durante tutto il 2013: White Noise. #giamp
James Holden – The Inheritors impossibile non menzionarlo! Ne avevamo già parlato qui e ribadisco a distanza di mesi ciò che è stato scritto! L’artista inglese è ritornato prepotentemente con il suo mondo di suoni distorti, metriche singhiozzate a corollario di una melodia di fondo che non ci abbandona mai. Ha saputo riaffermare se stesso dopo lunghi anni di inattività , che forse non sono stati tali visto il risultato a cui hanno portato e ha dimostrato di essere tutt’ora un esemplare unico nella scena elettronica. Questo album, non certo di facile assimilazione, ci ha dato da pensare ma ci ha anche rapiti. Un ascolto che assopisce il caos che ci circonda e ci ricorda che anche il contesto urbano in cui siamo immersi può essere poetico. #mattia
Dj Koze – Amygdala divino! Stefan ha scelto di fare pesare la sua lunga militanza nel mondo della musica e la folta schiera di amici colleghi annoverati in questi anni e ciò che ne è nato è un fantastico puzzle di collaborazioni. Amygdala è un campionario di varietà cesellate che nascono con le melodie e di Apparat e Caribou, scorrono sino ad abbracciare l’ecletticità di Matthew Dear senza esulare da alcuni sprazzi di minimalismo. Non può essere stato un buon anno per chiunque non si sia fatto cullare almeno una volta da questo capolavoro in cui Koze non smentisce le doti che in ormai più di un decennio lo hanno reso un punto fermo del panorama. Scherzando tra di noi di Undernoise vige una battuta “koze buone”! #mattia
Miles Kane – Don’t Forget Who You Are
Il disco della maturazione per Miles Kane, che per anni si è visto attaccata l’etichetta di “amico di Alex Turner degli Arctic Monkeys” e che è riuscito a scrollarsi di dosso con il primo disco “Colour of the trap”. Dentro Dont’ forget who you are c’è tutta la musica inglese degli ultimi decenni, non soltanto perchè ci sono collaborazioni con svariati artisti inglesi, Paul Weller in testa, ma anche per le sonorità che vanno da Lennon ai T.Rex passando per i Jam. È un disco spogliato di fronzoli e arrangiamenti articolati per arrivare subito all’essenza di quello che è: rock ‘n’ roll. #radel
MACHINE DRUM – VAPOR CITY
Travis Stewart è un producer americano di stanza a Berlino che sotto il moniker Machinedrum ci aveva ben abituati già da quel debutto “Room(s)” targato 2011, il quale poteva essere il manifesto della tendenza del tempo in ambito elettronico, ovvero il post-dubstep che si amalgama con vocalizzi soul e breaks d’n’b che si dilatano.Vapor City è l’ipotetica chiusura del cerchio di questa ricerca, un lavoro elegante e mai banale, una “città del vapore” fumosa ma con un’anima. Consigliatissimo. #manuel
ANDY STOTT – LUXURY PROBLEMS
Questo è un album che difficilmente stufa, facile invece che resti nei vostri aggeggi per ascoltare musica per buona parte del 2014. Il produttore di Manchester sfodera un lavoro che si aggira sempre sui 100 bpm come i precedenti ma lascia gli echi dub e il low-fi a favore di una ricercatezza del suono ed una cura del dettaglio davvero sensazionale (ascoltare i bassi dell’iniziale “Numb” per farsi un’idea). Un passo deciso verso l’ormai raggiunto traguardo di “nome importante” sulla scena techno. #manuel
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