Oggi la città di Detroit è balzata agli onori della cronaca per la sua triste dichiarazione di fallimento, schiacciata da un debito di 18 miliardi di dollari non ha potuto fare altro. Perchè parlo di di Detroit? Semplice, è considerata la culla natale della techno! Situata nella regione dei grandi laghi americani, deve i suoi momenti di maggiore splendore all’industria dell’automobile, che la portò ad essere la quarta città più popolata d’America e guadagnarsi l’appellativo di Motor City o Motown. Ben presto però ragioni economiche portarono le grandi case automobilistiche altrove, trasformando ciò che un tempo era una risorsa in una pesante eredità, che lentamente l’ha stritolata riducendo la popolazione a meno della metà e forse unico caso al mondo a varare un piano di deurbanizzazione.
Ma proprio in una città che lentamente si inabissava sull’onda di influenze che arrivavano da città come Chicago e New York, che stavano partorendo la sua sorella nemica House, figure storiche come Juan Atkins, Kevin Saunderson, Derrick May(perdonatemi se cito solo pochi esempi, magari ci ritornerò sopra per dedicare il giusto tributo a molte altre figure), mischiando le loro radici afro( sì, la musica techno è un’eredità della cultura nera f*****i razzisti) e avvalendosi dei leggendari strumenti Roland concretizzarono, non un genere, non una scena, ma quella che da lì a breve sarebbe stata una filosofia che si sarebbe diffusa in tutto il mondo.
Cogliendo lo spunto offertomi da questo drammatico evento, che purtroppo inevitabilmente peserà sulla superstite popolazione della città vi consiglio quelli che a mio avviso sono alcuni documentari che andrebbero visti per obbligo di legge!
Prodotto da Resident Advisor “Real Scenes: Detroit”
Slices Pioneers of Electronic Music: Richie Hawtin, ebbene anche se tecnicamente è canadese di Windsor è divisa da Detroit solo dall’omonimo fiume e il ragazzo culturalmente si è formato nella città dell’auto
Detroit The Blueprint Of Techno, prodotto da un canale televisivo offre una panoramica ormai d’epoca sulle figure chiave del movimento.
Per inciso l’immagine che apre il post non è uno dei tanti stabilimenti cadenti della città, ma è la Packard, luogo di leggendari party volgarmente detti rave, in cui il concetto di chiudersi in un luogo buio a notte fonda per ballare è diventato qualcosa di più!
Vi lascio con ciò che ha dato il titolo alle mie farneticazioni, ma che forse calza a pennello: